AMATA DALLE TENEBRE – ANNA NETREBKO a cura di Nicola Salmoiraghi

Attesissimo, è uscito per l’etichetta Deutsche Grammophon l’ultimo album di Anna Netrebko, Amata dalle tenebre, con l’Orchestra del Teatro alla Scala e la bacchetta di Riccardo Chailly. Ne è stata distribuita anche una versione deluxe, con Blue-ray comprendente back-stage della registrazione e quattro video musicali dei brani incisi. Il disco è stato registrato tra l’ottobre del 2020 – mutuando un trionfale concerto scaligero di arie tratte da opere italiane, presenti nel Cd, tenuto dal soprano con il Maestro Chailly – e l’aprile del 2021, per i pezzi tedeschi, russi e inglesi.

Sgombriamo subito il campo da dubbi: ci troviamo di fronte ad una cantante e artista immensa, allo zenith della forma vocale, alle prese con una serie di eroine colte nel momento massimo di illusione, solitudine, abbandono, attesa o addirittura vicine alla morte, vissute e interpretate dalla cantante con un’intensità senza pari.

“Es gibt ein reich” da Ariadne auf Naxos di Strauss apre la galleria di personaggi. Un’orchestra vibrante, luminosa, ricca di impasti timbrici e sonori, di colori cangianti, accompagna la voce del soprano russo, che si libra senza problemi, luminosa, sicura, svettante, pastosa, e pattina sulla scrittura straussiana con la souplesse della fuoriclasse. La tinta vocale di Anna Netrebko è brunita, tra le sfumature del bronzo e dell’oro ramato, eppure è capace di aperture terse e cristalline ai vertici del pentagramma, e l’accento palpita, comunica, freme.

In “Ritorna vincitor” ecco un’Aida soggiogante, dove il lampo in acuto e i ripiegamenti degli assottigliamenti lirici si specchiano in un fraseggio continuamente vario, partecipe, autentico.

Con il successivo “Tu che la vanità” da Don Carlo si tocca uno dei vertici del disco. Elisabetta è donna prima che regina, e, complice un’orchestra sovrana sotto la guida di Chailly, Anna Netrebko interpreta quest’aria in un continuo trascolorare di emozione e introspezione psicologica, con una colonna compatta di voce perfettamente gestita sul fiato e senza frattura alcuna in nessun registro. Se bastassero due parole per definire la statura di un’artista, ascoltate come dice (cantando) “Francia” e “Fontainebleau”; sembra poco e invece è un mondo.

A seguire un turbinoso e febbrile “Dich, teure Halle” dal wagneriano Tannhäuser, affrontato con slancio e abbandono e salite in acuto lucenti come spade al sole.

Cilea è un grande autore, checché se ne dica, Chailly sicuramente lo sa e Anna Netrebko ce lo ricorda. Il dolente, cinereo letto sonoro offre alla cantante il destro di un’interpretazione di “Poveri fiori” da Adriana Lecouvreu ripiegata e sfinita, in un mosaico di sfumature e pianissimi, e questo nonostante – sembra una contraddizione ma il contrasto crea la trama di una tela affascinante – il timbro e l’emissione restino rigogliosi e avvolgenti.

Con la grande Aria di Lisa da La dama di picche di Cajkovskij, “Uzh polnoch Blitzitsya…Akh, istomilas ya gorem” ecco un altro picco della registrazione. La tinta di tenebra e ferita angoscia che Anna Netrebko fa scaturire dalla voce, in malinconico dialogo con un’orchestra perfetta, la bellezza di un canto colmo di verità e dolore, non può che inchiodare chi ascolta. Sta succedendo davvero? La musica può essere più verosimile della realtà?

“Un bel dì vedremo” ed ecco una Cio-cio-san insolitamente donna, matura, consapevole. Canta di un’attesa in cui lei nemmeno crede davvero e lo fa con sfolgorante padronanza di mezzi e un risvolto drammatico che non siamo soliti ascoltare in quest’aria di Butterfly; un’angolazione nuova, di singolare fascino.

Fremente e fulgida, in successione, l’Elsa di Lohengrin, con “Einsam in trüben Tagen”, un torrente di voce governato dalla dolce autorevolezza – passatemi l’ossimoro – dell’accento e dello scavo della frase musicale.

Commovente è il “Sola, perduta, abbandonata” da Manon Lescaut, in cui la travolgente resa vocale (la ricordo dal vivo nel recital della Scala, le pareti letteralmente tremavano all’impatto di quegli armonici) si congiunge ad un formidabile intreccio di intenzioni espressive.

Le ultime due tracce sono il “dulcis in fundo”, diversamente sorprendenti, e Riccardo Chailly non è secondo alla sua grande interprete, sia chiaro.

Il lamento di Didone da Dido and Aeneas di Purcell, “When I am laid in earth” ci presenta la Netrebko in un’imprevista incursione nell’opera del Seicento. E che incursione!  Questa vocalità calda, rotonda, sontuosa, infonde una forza struggente, e per certi versi affatto nuova, ai laceranti “Remember me” della regina di Cartagine  – che meravigliosa invocazione nei confronti di un amore ferito e tradito, tra l’altro… – che si trasformano così in carnale manifestazione di tormentata umanità.

E per concludere un miracoloso “Mild und leise” da Tristan und Isolde di Wagner (a quando un’Isolde in teatro? Da quello che si sente potrebbe essere un evento…). Grazie anche a uno Chailly che ricama e incendia l’Orchestra in stato di grazia, Anna Netrebko offre del “Liebestod” – occorre dirlo, uno degli esempi assoluti e totali di “divino” in musica – un’interpretazione magistrale; un flusso lussureggiante ed emozionante di voce compatta, salda, incandescente, in completa compenetrazione con quello della frase wagneriana. Emozione pura, senza filtri, per una cantante tra le maggiori di oggi e probabilmente di sempre.

Chi ama la Voce – e non si dica che non ci sono più quelle di una volta…-  non si stancherà di ascoltare e riascoltare Amata dalle tenebre. Dietro la voce qui c’è anche una straordinaria e modernissima Artista, con la maiuscola.

Nicola Salmoiraghi

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